Il Grande Libro della Fantasy Classica by AA.VV

Il Grande Libro della Fantasy Classica by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Ant
ISBN: 8842910651
editore: Nord
pubblicato: 1998-10-31T23:00:00+00:00


Jobson annuì. - Occorrerà la dinamite, ma ne ho in abbondanza all’officina. Vado a radunare i ragazzi.

Prima delle nove, gli uomini erano riuniti in casa di Jobson. Erano un gruppo di giovani e robusti contadini, che ubbidivano con docilità all’autoritario fattore. Dietro mio ordine avevano portato i loro fucili. Li munimmo di vanghe e di asce, e uno di loro caricò su un carretto alcuni rotoli di corda.

Nell’aria limpida e senza vento del mattino la Selva, posta in mezzo ai suoi prati, sembrava troppo innocente e squisita per essere malvagia. Provai una fitta di rimpianto che una cosa così bella dovesse essere danneggiata; anzi, se vi fossi andato da solo, credo che avrei potuto cambiare idea. Ma gli uomini erano lì, e Jobson, scuro in volto, aspettava ordini. Piazzai gli uomini con i fucili e mandai dei battitori all’estremità opposta.

Dissi loro che tutte le colombe dovevano essere abbattute.

Era solo un piccolo stormo, e ne uccidemmo quindici alla prima battuta. I poveri uccelli volarono sopra la valle, verso un altro boschetto, ma noi li costringemmo a tornare e ne caddero sette.

Altri quattro furono sorpresi tra gli alberi e io uccisi di persona l’ultimo con un tiro a distanza. In mezz’ora c’era un mucchio di piccoli corpi verdi sul prato.

Poi ci mettemmo all’opera per abbattere gli alberi. Gli esili tronchi erano un compito facile per un bravo boscaiolo, e uno dopo l’altro caddero a terra. Nel frattempo, mentre osservavo, presi coscienza di una strana emozione.

Era come se qualcuno mi stesse supplicando. Una voce gentile, non minacciosa, ma implorante… qualcosa di troppo impalpabile per l’orecchio umano, ma che toccava le corde più recondite dello spirito. Era così tenue e distante che non riuscivo a immaginare che ci fosse dietro una personalità. Era piuttosto la grazia invisibile e incorporea di quella deliziosa valle, qualche antica e squisita divinità dei boschi. C’era in essa l’essenza di tutte le malinconie, e l’anima di tutta la bellezza. Sembrava la voce di una donna, qualche dama smarrita che al mondo non aveva apportato altro che bontà non ripagata. E quello che la voce mi diceva era che stavo distruggendo il suo ultimo rifugio.

Era in quello il patos… la voce era senza casa. Mentre le asce lampeggiavano alla luce del sole e il bosco si diradava, quello spirito gentile implorava misericordia e una breve tregua. Sembrava che stesse narrando di un mondo cresciuto per secoli rozzo e spietato, di lunghi e tristi vagabondaggi, di rifugi conquistati a fatica, e di una pace che era tutto quello che chiedeva agli uomini. Non c’era niente di terribile in essa. Nessun pensiero di misfatti.

L’incantesimo, che il mistero del male possedeva per il sangue semita, era per me, di razza nordica, solo delicato, raro e bello. Jobson e gli altri non lo avvertivano; io, con i miei sensi più affinati, ne coglievo soltanto la disperata tristezza. Ciò che aveva acceso la passione in Lawson, stava soltanto straziandomi il cuore.

Mentre gli alberi crollavano e gli uomini si asciugavano il sudore dalla fronte, a me stesso apparivo come l'assassino di belle donne e di bambini innocenti.



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